16/03/2014
Massacro in Nigeria, almeno 100 morti
Nei villaggi attacchi con fucili e machete
Nessuna rivendicazione per la tragedia nel distretto di Kaura nel Kaduna.
Le vittime freddate nel sonno dentro le loro case, alcuni sono stati bruciati vivi
Le vittime freddate nel sonno dentro le loro case, alcuni sono stati bruciati vivi
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Una carneficina, compiuta in piena notte da uomini con armi da fuoco, benzina e machete, che ha lasciato in terra i cadaveri, molti dei quali bruciati, mutilati o fatti a pezzi, di almeno 100 abitanti di tre villaggi del centro della Nigeria. È l’ultimo sanguinoso capitolo di un conflitto strisciante nello Stato a popolazione mista cristiana e musulmana di Kaduna, che intreccia rancori etnici, dissidi sulla terra e odio religioso e che dalle elezioni presidenziali nigeriane del 2011, che diedero la vittoria al cristiano Goodluck Jonathan, ha prodotto centinaia di morti.
I villaggi sono quelli di Angwan Gata, Angwan Sankwai e Chenshyi, tutti a maggioranza cristiana e tutti nel distretto di Kaura, nel sud dello Stato. Durante la notte fra venerdì e sabato una quarantina di uomini armati è arrivata di soppiatto mentre gli abitanti stavano dormendo, sparando casa per casa, colpendo senza pietà con i machete, dando alle fiamme le capanne con intere famiglie intrappolate all’interno. «Gli assalitori hanno anche rubato cibo e mangime per gli animali e dato fuoco ai granai», ha spiegato il capo della polizia dello stato di Kaduna, Aminu Lawan. Lo scenario che si sono lasciati dietro è di tre villaggi interamente rasi al suolo con almeno 100 cadaveri, dicono i testimoni, diversi dei quali carbonizzati o mutilati, disseminati fra le rovine, 50 dei quali solo nel villaggio di Chenshyi. Alcuni abitanti sono riusciti a fuggire e a rifugiarsi nella boscaglia e a molte ore di distanza «sono terrorizzati e non vogliono a tornare a casa», dice Lawan. Si ha inoltre notizia di circa 2.000 persone scampate alla carneficina che sono riuscite a trovare rifugio in una scuola del vicino villaggio di Gwandong.
Il capo della polizia non ha fornito un bilancio né ha attribuito la responsabilità della strage. Ma la popolazione locale, dedita all’agricoltura e a maggioranza cristiana, accusa i pastori di etnia Fulani o Haussa, considerati «non indigeni», musulmani che da sempre contendono la terra e i diritti di pascolo agli «stanziali» dei villaggi. Una antica rivalità economica, tribale e religiosa pluridecennale che è esplosa con particolare recrudescenza, con oltre 400 morti e migliaia di sfollati, dopo le elezioni presidenziali dell’aprile 2011, vinte da Jonathan, un cristiano del sud della Nigeria, sconfiggendo Muhammadu Buhari, un musulmano del nord. Una divisione religiosa che taglia il Paese in due, nella quale gli Stati contigui di Kaduna e di Plateau, detti Middle Belt (fascia centrale), nei quali le religioni sono quasi equivalenti (con una leggera prevalenza cristiana), sono una sorta di «cuscinetto».
Ma nei due Stati centrali il conflitto etnico-religioso è forte e, in uno stillicidio di attacchi, pogrom, scontri, ha prodotto dal 1992 circa 10.000 morti, secondo quanto denuncia Human Rights Watch (Hrw). Un conflitto parallelo a quello condotto unilateralmente dai terroristi islamici di Boko Haram contro la minoranza cristiana e contro lo Stato nel nord a maggioranza musulmana della Nigeria.
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